« Preferisco un fallimento alle mie condizioni che un successo alle condizioni altrui »

(da "Tom Waits, Blues" di C. Chianura)

28 maggio 2014

NON SONO PRONTA

Che ci volete fare?
Non mi va di chiudere, non mi va di far scomparire tutto, nemmeno l'eventualità di scrivere ancora da questo posto e parlare ancora di qualcosa che è vero, è finito ma che io ancora non sono pronta a lasciare andare.
Si è aperta una nuova finestra per me, la terza vita, l'ho battezzata, sono un amalgama di emozioni e sapori nuovi ma vecchi, riscoperti e riarchiviati, vividi e terrorizzanti. Dormo come una bambina e ho gli occhi pieni di luce. Viva l'Italia!

E vediamo se presto nascerà un Buongiorno Italia!


04 febbraio 2014

Auf dem Weg zur Nostalgie

Erinnerungen an Marie A. - B.BRECHT


1
An jenem Tag im blauen Mond September
Still unter einem jungen Pflaumenbaum
Da hielt ich sie, die stille bleiche Liebe
In meinem Arm wie einen holden Traum.
Und über uns im schönen Sommerhimmel
War eine Wolke, die ich lange sah
Sie war sehr weiß und ungeheuer oben
Und als ich aufsah, war sie nimmer da.
2
Seit jenem Tag sind viele, viele Monde
Geschwommen still hinunter und vorbei
Die Pflaumenbäume sind wohl abgehauen
Und fragst du mich, was mit der Liebe sei?
So sag ich dir: Ich kann mich nicht erinnern.
Und doch, gewiß, ich weiß schon, was du meinst
Doch ihr Gesicht, das weiß ich wirklich nimmer
Ich weiß nur mehr: Ich küsste es dereinst.
3
Und auch den Kuss, ich hätt' ihn längst vergessen
Wenn nicht die Wolke da gewesen wär
Die weiß ich noch und werd ich immer wissen
Sie war sehr weiß und kam von oben her.
Die Pflaumenbäume blühn vielleicht noch immer
Und jene Frau hat jetzt vielleicht das siebte Kind
Doch jene Wolke blühte nur Minuten
Und als ich aufsah, schwand sie schon im Wind.



Un giorno di settembre, il mese azzurro,
tranquillo sotto un giovane susino
io tenni l'amor mio pallido e quieto
tra le mie braccia come un dolce sogno.
E su di noi nel bel cielo d'estate
c'era una nube ch'io mirai a lungo:
bianchissima nell'alto si perdeva
e quando riguardai era sparita.

E da quel giorno molte molte lune
trascorsero nuotando per il cielo.
Forse i susini ormai sono abbattuti:
Tu chiedi che ne è di quell'amore?
Questo ti dico: più non lo ricordo.
E pure certo, so cosa intendi.
Pure il suo volto più non lo rammento,
questo rammento: l'ho baciato un giorno.

Ed anche il bacio avrei dimenticato
senza la nube apparsa su nel cielo.
Questa ricordo e non potrò scordare:
era molto bianca e veniva giù dall'alto.
Forse i susini fioriscono ancora
e quella donna ha forse sette figli,
ma quella nuvola fiorì solo un istante
e quando riguardai sparì nel vento.



E' la dedica di una mia studentessa. Oggi, nell'ultima ora di lezione insieme.

28 ottobre 2013

ecco

Sedici modi di dire verde

Una strada di terra che inizia ai confini del niente e il mio tutto che ancora si ostina a cercare una via i pensieri che più della sabbia mi bruciano gli occhi questi occhi che ancora ringraziano di essere qui e la notte qui è notte davvero è la madre del buio ed il nero è soltanto un colore della realtà 

Così un uomo sa sedici modi per dire verde ed un altro ne ha uno soltanto per dire addio l'immondizia non è solamente quella che si vede essere bianco non è esattamente essere candido e gli uomini perdono tempo perchè ne hanno e le donne sopportano i pesi meglio di me e tutti camminano sempre ma poi per dove tanto un albero è come un ombrello se piove 

Un viaggio regala a ognuno la sua storia io sono convinto che mi salverò così come ogni ritorno ha la sua gloria un altro cerchio che si chiuderà una strada di terra che inizia ai confini del niente e il mio tutto che ancora si ostina a cercare una via, a cercare una via, a cercare una via

Niccolo' Fabi

 
 
                                               Questo album e' bellissimo, compratelo.

25 ottobre 2013

PIACERI

Bertolt Brecht, "Vergnügungen" [1954]

Der erste Blick aus dem Fenster am Morgen
Das wiedergefundene alte Buch
Begeisterte Gesichter
Schnee, der Wechsel der Jahreszeiten
Die Zeitung
Der Hund
Die Dialektik
Duschen, Schwimmen
Alte Musik
Bequeme Schuhe
Begreifen
Neue Musik
Schreiben, Pflanzen
Reisen
Singen
Freundlich sein.

24 ottobre 2013

Bluebird

                                           Never, never, never I'll forget you my bluebird.

 There's a bluebird in my heart that
wants to get out
but I'm too tough for him,
I say, stay in there, I'm not going
to let anybody see
you.
(....)
I only let him out
at night sometimes
when everybody's asleep.
I say, I know that you're there,
so don't be
sad.
then I put him back,
but he's singing a little
in there, I haven't quite let him
die
and we sleep together like
that
with our
secret pact
and it's nice enough to
make a man
weep, but I don't
weep, do
you?
(Charles Bukowsky)

06 ottobre 2013

APPRODO

Alle porte dell'ennesimo compleanno sento scivolare il terreno sotto ai piedi; sono madida di euforia o schizzofrenica? Sbatto la porta ed esco di fretta, come se quacuno o qualcosa mi stesse aspettando in una domenica di solitudine. I passi veloci lasciano lentamente tempo al battito di calmarsi e respirare è quello che più mi serve. Non so dove, non so come ma voglio vivere. Solletica le narici, quest'aria di montagna che non è montagna e mentre l'aria ossigena i pensieri, alzo lo sguardo al cielo straripante tra le piccole case, strette da corsetti di legno e allungate da tetti di marzapane. I balconcini intarsiati, le fiorere cariche di gerani, gattini, ranocchie e sfere di cristallo che stazionano sicuri sebbene alla mercé di ogni passante. Mi sforzo di leggere le Specialità del giorno sbiadite dietro l'umidità della teca di un ristorante che non ho provato ma che però prima o poi...Annuso ogni angolo come un'attraente sconosciuto e ordino alle retine di imprimere ogni fotogramma, voglio che questo sia uno di quei momenti, uno di quelli che fanno da isola di approdo nel naufragio della memoria. Questo me lo ricorderò. Quando sarò via, quando i pietrasantini in porfido non mi faranno più imprecare, quando non noterò più l'assordante silenzio diventato ora serenità, quando smetterò di chiedermi ma dove sono tutti, è domenica! quando gli ultimi cinque anni occuperanno loro malgrado, un periodo della mia vita che è finito e io sarò alle prese con un nuovo oggi.

01 giugno 2013

Fatom (che sicuramente non si scrive così)

Prendo posto tra facce sconosciute, sempre indaffarati malgrado l'attesa e mi chiedo perché. Non dobbiamo che aspettare e sarebbe bello rilassarsi e approfittare della situazione per conoscere qualcuno. Tutti hanno invece qualcosa da fare, da soli o in famiglia e per chi viaggia solo c'è solo da stare lì a guardare, che poi non è poco interessante, anzi, e come sempre ne approfitto. Vicino a me un uomo sulla quarantina, magro, vestito semplicemente, deve essere russo o bulgaro perché parla al telefono e così vicino riesco a sentire tutto quello che dice, inutilmente. Parla piano, calmo e quando finisce cerca il mio sguardo ma io dissimulo l'attenzione e torno a vagare. La solita coppia della serie 'Siamo i più fighi' si spulciano di coccole e ammiccamenti mentre lei lancia occhiate castiganti a chiunque si intrometta. Quelle scarpe da tennis bianche perfette sarebbero state benissimo sotto i miei piedi sporchi. Imbarco e le solite scene di fretta, come se fosse possibile che qualcuno venga lasciato a terra. Altra fila e una ragazza racconta eccitata a una coppia di turisti della sua nuova vita in Germania che inizia 'proprio oggi!' e andrà avanti per sei mesi. Penso a me 7 anni fa. Entro nel discorso, invitata dagli sguardi interrogativi. All'improvviso: 'Ma tu sei già stata a Norimberga?' E' lui che parla, l'uomo del telefono. Rispondo ma taglio corto, perchéperchéperché? Imbarazzo, diffidenza, sorpresa.
Prendo posto vicino alla coppia di turisti e lui subito dietro, mi chiede se può sedersi vicino a me. Dico di sì. Perchéperchéperché? Imbarazzo, educazione, curiosità. E così dal niente, mi trovo acconto un pezzo di umanità incarnata in Fatom, kosovaro di Pristina, classe 1975, manovale, bravo! dice lui. Mi racconta dei suoi 13 anni in Italia, da solo e poi con pezzi di famiglia che si ricompongono come un patchwork. Parla bene l'italiano, calmo e presente a se stesso. Si trasferisce a Norimberga 'ma non per me, che da manovale ce n'ho di lavoro, lo faccio per i miei quattro figli. In Germania pare che ce ne sia di lavoro e il più grande tra poco finisce la scuola.' Apro la mano come una pagina e cerco di disegnare i confini delle ex repubbliche slave ma sbaglio e con due dita mi corregge. Sorride, sincero e trasparente come lo smalto dei denti perfettamente puliti. Uscito dal dentista e imbarcato? Mi chiede di me ma io sono meno genorosa. Perchéperchéperché? Imbarazzo, paura, salvaguardia. Va avanti lui e mi racconta che già suo padre aveva cercato fortuna in Germania con un amico che però ci è rimasto là mentre suo padre tornava a casa e metteva al mondo i suoi figli non immaginando che poi uno di loro, il più grande avrebbe fatto lo stesso viaggio e per farlo avrebbe avuto bisogno proprio del suo vecchio amico. 'Che quando l'ho chiamato, si è fatto in quattro e mi ha trovato un lavoro e un posto dove stare e mi aiuterà per tutto il tempo che avrò bisogno. Ormai lui lo parla il tedesco e conosce tutto. Io invece no e quando mi prende la nostalgia, vado a cercare un ristorante italiano e mi metto a parlare con la gente.' Penso a lui, piccolo come me e penso che facevamo gli stessi giochi per strada, coi gessetti e i tappi delle bottiglie. Poi penso a me indecisa su quale università frequentare, ai primi anni di smarrimento nella giungla studentesca e penso a lui tra bombe e cecchini, costretto a emigrare in Slovenia e rimpatriare solo dopo la fine della guerra e facendo anche un giro largo in Macedonia per non attraversare la Bosnia. Gli chiedo: 'Cosa volevi fare da piccolo?', 'Il poliziotto...ma di quelli buoni!' e ride così bene che tutto splende, siamo sopra le nuvole. Poi non c'è stato più da scegliere ma solo da pensare a come sopravvivere e da qui il viaggio verso l'Italia. Non gli chiedo come ci è arrivato in provincia di Lucca ma guardo la magrezza delle sue gambe, il biancore delle unghie e le piccole macchioline rosse che orlano i suoi occhi. Mi sembra di conoscerlo. 'Se vieni a Norimberga con tuo marito, vi offro un caffè'. Dico sì ma non gli chiedo né il numero né altri contatti. Perchéperchéperché? Imbarazzo, rispetto, incredulità. Mi racconta tanto ancora, delle sue avventure di viaggio, di quanto ha pagato il biglietto perché si è dimenticato di stampare la carta d'imbarco, dell'impresa di pulizie presso cui lavorerà e il tempo vola dritto e veloce come una freccia accanto a noi. Stiamo atterrando e mi rendo conto che non so nemmeno come si chiama. 'Elisa, io mi chiamo Elisa', 'E io sono Fatom, un po' difficile ma però vuol dire Fortunato' e ride. Ridiamo ancora, ridiamo complici degli ultimissimi minuti a due passi dal cielo.