« Preferisco un fallimento alle mie condizioni che un successo alle condizioni altrui »

(da "Tom Waits, Blues" di C. Chianura)

29 gennaio 2009

QUESTA VUOLE ESSERE UNA PROVOCAZIONE

Ho capito cosa è il blocco dello scrittore. E' come un vuoto che prende le mani e ti impedisce di scrivere perché senti che quel vuoto lo hai nella testa. Niente di quello che passa in mezzo alla materia grigia ti pare degno di nota e niente di quello che hai vissuto merita di essere raccontato. O anche più semplicemente, non ti va di raccontarlo. Può succedere, mi dico.

Eppure la maggior parte dei bloggers non hanno questo problema. Seguo pochissimi blog perché fondamentalmente non mi interessano e questo perché io ritengo, siano pochi i blog meritevoli di attenzione. Io cerco poco, non mi piace passare tanto tempo al pc e preferisco conoscere le persone dal vivo. Seguo i blog di 5 persone che mi hanno colpito in modi diversi. Nonsisamai è un'amica, come pure Dark, Miko l'ho incrociato casualmente e sul blog e nella vita, e spesso condivido i suoi pensieri politici, motivo per cui seguo talvolta anche Rob, Daninet non lo conosco ma ha una sensibilità che mi è in qualche modo familiare e da Fabio ho tutto da imparare sul mondo germanico! (Quando abitavo in Texas seguivo anche Pluto e Waynard per motivi di affini esperienze ma non solo). Tolti questi ci sono una decina di altri blog, e forse meno, che ogni tanto apro perché alle volte mi sono divertita, nel senso lato, a leggerli. Per il resto mi pare, per quel poco che ho visto, che ci sia ben poco da leggere. Sarà che io non riesco ad interessarmi alle normali vicessitudini che si alternano nella vita di una persona che non conosco. Insomma perché dovrei spendere del tempo a leggere cosa una persona ha fatto, detto, a chi, come e quando? Interessarmi dei suoi pensieri intimi; consigliarla su cosa fare; permettermi giudizi; polemizzare senza essere nemmeno certa di parlare della stessa cosa; e per di più all'interno di una cornice lessicale infantile, di una grammatica lasciata sui banchi delle elementari, di contenuti inesistenti o, nelle migliori delle ipotesi tediosi e banali.
Se quel che cerco è lo spunto per una riflessione beh, allora i libri in primis, e poi i film e il teatro...mi aiutano di gran lunga di più. Dove sta la peculiarità del blog? Nell'interattività? Ma cosa è davvero interattivo? Poter lasciare i miei commenti? Ma a chi davvero li lascio e su cosa? Che tipo di contatto si stabilisce tra me e i 100 blog che 'sleggiucchio' qua e là? E' come fare zapping? Lasciando perdere i blog di qualità, come quelli di giornali o di associazioni importanti, quanti blog o meglio trash-blog meritano di essere letti?

Forse neanche il mio.
Io, comunque, qui, pongo delle domande e chi ha un'altra esperienza riuscirà forse, se vorrà, a farmi capire qualcosa che io proprio non vedo.

Il tempo è tuttavia la cosa più preziosa. Passiamolo bene.

18 gennaio 2009

EIS SHOPPING E MEDIOCRITA'

Ieri qui ad Augsburg era una bellissima giornata. Il sole splendeva come raramente succcede, tanto che ho deciso di stare gran parte della giornata fuori. Non lontano da casa mia si trova un bellissimo parco che è delimitatao da un lato dal fiume Lech. Sul fiume si trova una diga e aldilà di questa un lago piuttosto grande che durante l'inverno si ghiaccia dando modo, a una 'marina' come me, di provare l'ebbrezza di camminare su acque ghicciate. E' una sensazione strana specie all'inizio quando è più difficile astrarre il pensiero dal fatto che tra te e una massa d'acqua scura, melmosa e gelata sta solo uno strato di ghiacchio. Poi, pian piano ti convinci che non è poi uno strato sottile quello su cui cammini e che se tutti ci stanno non deve essere tanto pericoloso. Quindi cominci a renderti conto della ganzata che è e ti guardi intorno incredulo delle tante attività che ci sono alternative ai 'due tiri a pallone': pattinaggio, okey, bocce da ghiaccio, scivoloni, slittino, immersioni...L'importante sarebbe avere le varie attrezzature che io ancora non ho. Però, almeno sui pattini, sto facendo un pensierino. Sulle rotelle ero abbastanza brava.

Felice di questa prima parte della giornata ho pensato che una sana pomeriggiata di shopping poteva far registrare un bel picco alla mia serotonina e quindi mi sono tuffata tra la folla assetata di saldi. Scava e rufola con un fare da archeologo, ho alfine trovato delle cosucce che mi piacevano e contetina contentuccia me le sono accattate. E fin qui panta rei.

Ma cosa fare quando ci si scontra con la disonestà, la 'dappochezza' e la meschinità?

Pagando l'ultima mandata di acquisti (sofferti e moderati) alla cassa di un negozio ho accidentalmente lasciato scivolare l'altro sacchetto di acquisti che conteneva a sua volta un'altra busta, per terra. Ovviamente non me ne sono accorta e sono uscita dal negozio. Appena fuori, sliding doors e Ach! Mi sono persa un sacchetto. Torno quei 15 metri indietro convinta di inciampare nel mio sacchettino ma arrivo delusa alla cassa. Chiedo se hanno trovato il mio sacchetto, immaginandolo già tirato su dalla signorina dietro al bancone; e invece mi trovo davanti una sequenza di facce smarrite che mi rimbalzano da un posto a un altro mentre io continuo a dire:"L'ho appena perso, 1 minuto fa! Non può averlo già trovato qualcuno e portato chissà dove!". Insomma la verità dei fatti è stata immediatamente evidente ma è stato impossibile intervenire. L'individuo che stava dietro o davanti a me alla cassa ha visto cadermi il sacchetto e appena ha potuto lo ha insacchettato tra i suoi fagotti. E io l'ho incrociato uscendo.

Ora, le conclusioni sono poche e tutte amare. Ho inciampato in una persona così tapina o così stupida da aver deciso di rubare un sacchetto senza nemmeno sapere cosa contenesse, piuttosto che avvertirmi di averlo perso. Questa persona ha avuto il tempo di scegliere tra onestà e disonestà. E non mi si parli di bisogni. Non c'è nessuna necessità in un sacchetto visto cadere in un negozio. Non è un pezzo di carne o dei soldi. Una maglia e una collana di bigiotteria (valore complessivo 16 euro) sono il ricco bottino che quella piccola persona si è portata a casa. Io mi sono portata a casa prima la rabbia che è svanita pensando a quanto poco valessero (in tutti i sensi) le cose che ho perso; poi lo sdegno per simil miserrimo comportamento ma è passato anche quello pensando che io sono fortunata perché a me non appartiene.

13 gennaio 2009

UNO STRANO FENOMENO

Stamani mi sono alzata male, dolorante e di pessimo umore (condizione quest'ultima non poi così rara per la mia persona). Quando ho messo fuori il naso e ho sentito la temperatura (più o meno -10°C) la situazione è peggiorata. Mi sono stretta dentro al mio cappottino tanto in quanto in-sufficiente e ho respirato attraverso la sciarpa per evitare quella balzana sensazione di congelamento del respiro che solo ad alta quota avevo in passato provato. Pian piano, stando al caldo, l'umore si è rischiarato e anche la temperatura si è un pochino scaldata. Il fatto è che a me piace il freddo in quando amo il caldo. Mi spiego? Si gode o no, di un sonno da 'bella addormentata' solo dopo qualche bianca notte agitata? O di un piatto di orecchiette alle cime di rapa dopo il Ramadan! Non per questo è piacevole dipersé stare svegli quando si crolla per il sonno, o digiunare quando mangeresti a morsi il materasso, chiaro. Allo stesso modo, ma in altro contesto, gioisco del gelo solo nel tragitto di strada che mi separa da un camino di dieci metri dentro cui accocolarmi o da un termosifone formato grattacielo da cingere con braccia e gambe o (e qui la preferenza) da un cyber-ventilatore di aria calda collegato al mio corpo modello staedycam.

Chiarito il mio rapporto con le basse temperature, voglio raccontarvi di uno strano fenomeno che solo queste esecrate condizioni metereologiche possono generare: la nebbia condensata. In pratica è così freddo che quando la nebbia della notte lascia spazio all'alba, non si dissolve con essa ma rimane abbarbicata agli alberi sotto forma di una specie di nevischio molto suggestivo perché avvolge i fusti come un velo. Una ragnatela ghiacciata che col fruscio dei rami rilascia una pioggia di cristalli soffici. Camminando senti il rumore e guardando su se ne gode tutto lo spettacolo.

Tra quanto scritto finora e queste frasi, sono intercorse circa due ore di 'coccole ciaccere' via skype e non c'è che dire,ora fa molto meno freddo. Davvero uno strano fenomeno!

07 gennaio 2009

SUL SENSO DI SOLITUDINE

Tornata ieri a casa, la casa tedesca, si perché ora questa è la mia casa. Non sono però più certa ormai del significato che riassuma per me la parola 'casa'. Forse ora significa molte più cose. Queste due settimane in Itialia non potrei definirle di svago e vacanze quanto piuttosto di incontri e impegni. Sono stata bene ma mi sono sentita 'overwhelmed', travolta, sovrastata dagli altri. E' una sensazione non nuova ma che per la prima volta ho portato a un livello cosciente. Vivendo la gran parte del mio tempo lontana dalle persone che hanno costituito la quasi totalità delle mia vita relazionale, passo molto tempo da sola e il silenzio di frequente mi accompagna. Non ho un cellulare qui; non saprei cosa farmene e solo due persone hanno il mio numero di casa, se si escludono amici e parenti italiani sparsi per il mondo, che di norma chiamo io, per via del mio abbonamento telefonico. Non posso dire di avere degli amici qui, per il momento, quanto piuttoste dello piacevoli conoscenze che offrono un buono spunto all'approfondimento. Il paragone con la mia vita in Italia apre un abisso di riflessioni, soprattutto riguardo al mio sentire in ognuna di queste due vite così diverse. Oggi sono andata a fare spesa (nel frigo si sentiva l'eco) e girando per il centro commerciale mi sono trovata a pensare: mi piacerebbe incontrare qualcuno che conosco. Pochi giorni fa, correndo da un negozio all'altro per comprare dei regali ho pensato esattamente il contrario: speriamo di non incontrare nessuno perché oggi non ho veramente tempo! E guardavo basso evitando possibili sguardi. Tempo. Ancora. Qui ne ho e me lo godo in solitudine. Affetti. In Italia ne ho ma non ho tempo per godermeli. "In medio stat virtus", anche in questo caso. Aristotele continua ad avere ragione. E Petrarca? "Solitarius atque otiosus, felix", sosteneva, il poeta nel 'De vita solitaria'. A distanza di secoli credo che entrambi abbiano centrato il segno. L'uomo, e quindi anch'io, ha bisogno della solitudine per arrivare a se stesso ma ha bisogno degli altri per gioire di questo se stesso.

E' cominciato un nuovo anno e se Dio vuole l'anno bisesto e funesto si è concluso. Ho tanta speranza dentro. Sacrisanti propositi che non vedono l'ora di realizzarsi. Che la buona sorte sia con tutti noi!
Buon Anno Ragazzi!