« Preferisco un fallimento alle mie condizioni che un successo alle condizioni altrui »

(da "Tom Waits, Blues" di C. Chianura)

28 gennaio 2013

La fine del semestre

Sono appena tornata dall'ultima lezione del semestre. Oggi Klausurprobe (prova di esame) e la settimana prossima c'e' l'esame finale. Guidando dall'universita' a casa, ho incrociato nel viavai dei pensieri tutti questi interrogativi. Chissa' che scrivendo, come spesso succede, non capisca qualcosa.

Quando finisce un semestre ho sempre una sensazione strana alla quale non mi abituo mai. Un misto di sensazioni piacevoli e spiacevoli insieme. Sono soddisfatta se guardo al lavoro svolto ma sento anche la frustrazione dell'orizzontalita' del lavoro senza progressione. Ogni semestre nuove classi, nuovi gruppi da alfabetizzare. Miglioro nella qualita' dell'insegnamento,  perfezione il linguaggio e il materiale ma cosa imparo io davvero? Non diventero' mai un professore senza dottorato e non so neanche se lo vorrei in definitiva ma rimanere docente incaricato (= schiavo dell'universita') a vita mi sembra cosi' sterile. Sono una persona che ha bisogno di vivere la sua vita senza troppi programmi, senza certe previsioni e possibilmente facendo sempre cose diverse. Una propensione che ho pagato e continuo a pagare evidentemente. Forse dopo 3 anni di insegnamento + 1 e mezzo a Dallas sono un po' stanca e vorrei cambiare. Forse. Spesso l'energia che viene dai ragazzi, l'affetto di alcuni studenti, la constatazione dei loro progressi sono sufficienti ma come sempre voglio di piu'. Il proverbio dice che 'chi si accontenta gode' ma e' giusto accontentarsi? Se si e' soddisfatti, probabilmente si ma se ho queste strane sensazioni, forse anche no. In Germania (e in America) in entrambi gli istituti presso cui lavoro, noi insegnanti siamo sottoposti a una valutazione: si tratta in pratica di un questionario che gli studenti compilano e ne viene fuori un grafico con diverse voci; alcune riguardano il corso e l'organizzazione del corso, altre il libro di testo e altre il docente. Ho sempre avuto note positive o molto positive anche se mi sono capitati studenti sgarbati e scostanti che hanno abbandonato il corso. Credo di poter essere soddisfatta ma non 'zufrieden' che in tedesco implica anche una contentezza, che l'equivalente italiano non esprime intrinsecamente. Se si fa bene una cosa, si puo' gia' esserne contenti?


4 commenti:

cbp ha detto...

se si fa bene una cosa si può già essere contenti, lo si deve.
sapendo però che non è l'arrivo ma una tappa, perché la prossima volta che si farà, quella cosa, sarà in noi l'esperienza pregressa di errori e soddisfazioni, sarà quindi la stessa cosa ma sarà completamente differente e si parte da capo e si cerca di essere nuovamente e ancora contenti, ma questa volta non perché si è fatta bene, ma meglio. e così via.
per il resto.. le variabili sono infinite... gli allievi, il nostro presente, le incomprensioni e i magici incastri, la neve, la pioggia, il mal di schiena, un cane per strada, il tramonto... resta costante la dedizione la sensibilità la determinazione a superare sempre se stessi a non bastarsi e a non bastare, la curiosità nell'incontrare l'allievo, la coscienza della propria perenne ignoranza più che si impara a insegnare.
insomma essere contenti di fare una cosa bene è il fondamento per riprovarci ancora per tornare a sbagliare per ricominciare a crescere. no?

Elisen ha detto...

@cbp:gia', e' cosi, come dici tu, un flusso, un onda a spirale che spinge e viaggia, non so pero' verso chi, verso cosa. e se anche questo non fosse importante, rimane il l'interrogativo piu' grande:sto crescendo?

Nemo ha detto...

boh! La routine e' quello che ammazza, anche un austronauta al centesimo giorno di permanenza sulla stazione orbitale probabilmente guarda la Terra senza troppa emozione.

Detto questo, siamo cresciuti in mezzo a molti stimoli, e non riusciremo mai come i nostri genitori a fare tutta la vita la stessa professione day in day out. Nuovi stili di vita, nuove domande, nuove risposte.

Per tutto il resto c'e' il tango ;)

Nemo ha detto...

astronauta, of course, anche se aus-tronauta da' un senso del "fuori" che mi piace :D