In questi giorni mi è sempre più difficile trovare la concentrazione per scrivere. Da quando sono in Germania, in realtà è diventato più faticoso mantenere vivo il blog e questo mi dispiace perché mi piace questo mio angolino di ragnatela dove tessere i miei ricami narrativi e aspettare le moschine!
D'altronde cerco di non forzarmi mai perché, si sente, lo sento, quando scrivo per scrivere, come quando fumo per fumare o parlo per parlare..Non va bene! Allora aspetto il momento giusto e alle volta passa il tempo che nemmeno me ne accorgo finché non riapro il blog e vedo la data dell'ultimo post e mi cospargo il capo di cenere.
Dopo questo cappello che si è autoscritto, vi racconterò, dunque, i fatti là come si svolsero aldilà delle Alpi. Storia vuole, infatti, che due settimane prima di rientrare in Italia io abbia comprato un'auto, usata ma nuova (UNA MERIVA; foto1 prec. post) trovata tramite internet e valutata tramite amici, parenti e conoscenti competenti. Felicissima dell'acquisto ho percorso i 785 Km che mi separavano da lei pregustandone la guida, immaginandone l'odore e le rifiniture. Arrivata dai miei genitori, ho volato i 4 piani di scale come quando da bambina, era pronta la merenda e mia mamma mi chiamava dal terrazzo. Mi sono persino sorpresa della mia energia. Tira più una macchina di un carro di buoi (variante puritana del famoso detto!). Avevo anche voglia di riabbracciare mia mamma e di spupazzare il mio amore di gatta, of course! Ma sbrigati i bisogni impellenti stava a lei e quindi con la voce ancora eccitata ho chiesto dove fosse. Più volte, perché mia mamma sembrava non sentire la mia domanda e se andava nelle altre stanze sfaccendando con dei cenci in mano. Sono andata sul terrazzo e ho guardato nel cortile. Niente. Rientro e penso a mio padre che mi è venuto incontro al mio arrivo ridendo. Una risata strana. E poi si è trattenuto giù, con la mia metà. Parlano ancora, (passo all'uso del presente perché entro nel vivo dei ricordi), li vedo dalla finestra. Li chiamo e finalmente salgono. Vado loro incontro chiedendo a gran voce: "Ma allora ma dov'è la mia macchinina?". Continuano a non rispondermi. Ecchecazzo?!? La mia metà, col suo tipico sguardo da 'te lo devo dire anche se non vorrei', pronuncia la seguente frase: "L'hanno rubata?!" CHI, COME, COSA, QUANDO, DOVE, PERCHE'????? Risento a rallentatore e storpiata la sua voce che mi urla nell'orecchio 'R-U-B-A-T-A'. EHHHHH??? Va bene, penso, ho fatto un sacco di scherzi l'ultimo pesce, ma non merito un pesce così grosso, no? Basta. Il gioco è bello finché dura poco. Datemi le chiavi che vado a farmi un giro! Macché...E' vero. Era vero. E mi ci sono volute delle ore per realizzarlo. Perché poi, una volta verificato l'accaduto, che ora vado a riassumere, è seguita tutta una fase di dissezionamento del problema e ricerca delle papabili soluzioni che ha prolungato per tutta la vacanza, 11 giorni, una irregolare e stressante attività cerebrale che mi sarei risparmiata ben volentieri.
Il fattaccio è successo la notte prima che io arrivassi. La macchina, perfetta, si trovava all'autolaggio (fig.2) dove cuore di babbo , l'aveva portata per farla essere ancora più perfetta. L'autolavaggio in questione è infatti noto per l'artigianalità e l'approfondita pulizia delle auto. La battuta mi vien facile: le pulisce così bene che non ci rimane niente! Comunque, la macchina doveva dormire lì, proprio perché, il propretario non era riuscito a finirla in tempo e aveva chiesto al mio babbo di lasciarla fino al giorno dopo. Di fatto, proprio quella notte, avversità volle che certi balordi decidessero di compiere una rapina al concessionario che si trova all'estremità opposta dello stesso capannone dell'autolavaggio e che per scappare con una cassaforte da 7 quintali, scegliessero, tra tutte le macchine del concessionario, la mia, parcheggiata a un centinaio di metri di fronte all'autolavaggio (sempre all'interno del recinto del capannone). Non scendo nei particolari ma pare che la mia auto fosse idonea alla circostanza vista l'altezza della bauliera! Hanno così, i balordi e la mia macchinina, percorso insieme una trentina di chilometri per poi appartarsi in una stradina sterrata in campagna e lì darci dentro. Hanno sbarbato la luce di cortesia per avere l'elettricità e mettere in funzione l'aggeggio in questione che li ha aiutati a sventrare la cassaforte. In due, in tre, in quattro, più la cassaforte (fig.3). Colpi a destra e manca, cocci su e giù. Bottino alla mano. Batteria a terra, finestrini giù e ciao! Rubata, usata e abbandonata...là nel mezzo del niente. Con sempre la cassaforte dentro.
Questa è stata la mia fortuna: la cassaforte(fig.4). Croce e delizia. Mi hanno rubato la macchina per trasportarla. Me l'hanno sfascita per aprirla. Ma è anche grazie a lei che l'ho ritrovata!
Sì, dopo 4 giorni una telefonata ha allertato i carabinieri della presenza di un'auto, apparentemente abbandonata, con un'enorme cassaforte all'interno in una zona deserta! Il bottino, prezioso per loro ha aiutato anche me. Anche se poi, proprio perché lei era stata ospite della mia auto, è stato difficile ottenere il dissequestro della macchina che in questi casi, scatta immediatamente. Una via crucis di telefonate e viaggi dai carabinieri, suppliche in pretura (fig.5) e liti con 'l'autolavaggio', racconti all'assicurazione e all'avvocato e finalmente ho ripreso la mia macchina. Era il Venerdi Santo. Una passione che è culminata nella conta dei danni, pesanti all'interno ed evidenti anche sulla carrozzeria. L'ho guidata dall'autorimessa dove stava sotto sequestro, fino a casa. Che gioiellino! Tutte queste disavventure e filava come il sapone sul bordo della vasca.
Da lì, discussioni sull'ammontare dei danni e fegato ingrossato. Fino a un certo punto però. Un punto preciso. Quella sera, il venerdi, sono tornata a casa con la mia macchina tutta rotta e tanta rabbia soprattutto per le mie agognate vacanze evaporate così male, e ribollivo. Mi sono fatta una doccia. Mi sono seduta sul divano con l'acetone per togliermi lo smalto e ho acceso la tele. Una piazza coperta di bare. Lì è finito il mio pidocchioso risentimento per l'accaduto. La domenica successiva, Pasqua, ho preso la macchina e con la mia metà, abbiamo bighellonato tra le curve delle mie venerate colline finché il sole ha cominciato a brillare di arancio e rosa e siamo anadati a cena con tutta la famiglia. E vi pare poco?
2 commenti:
Sigh! Che avventura... ma... tutto e' bene quel che finisce bene!
Donna Maria :)
:)
caspita elisen, ora capisco le vignette! che racconto, ai limiti dell'incredibile! (o del fumetto).
ora spero che la tua macchina sia lì ad aspettarti sotto casa in germania!
ciao ciao!
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