« Preferisco un fallimento alle mie condizioni che un successo alle condizioni altrui »

(da "Tom Waits, Blues" di C. Chianura)

11 giugno 2009

UN VIAGGIO DI PAROLE I

Sono appena tornata dall'Italia. Una settimana a casa. Sì, dico sempre 'casa' quando parlo dell'Italia, della mia Toscana. Ma ieri, scendendo dalla macchina in Germania, ho usato la stassa parola 'che bello essere a casa'. Il concetto di 'casa' è per me evidentemente confuso ma non importa. Ho goduto, nel corso, di questi pochi giorni di molti privilegi che mi hanno fatto sentire bene. And I mean that. Partendo dalla fine: visita alla torre di controllo dell'aereoporto di Firenze e volo in cabina con i piloti! Vedere cosa ci sta dietro le quinte è da sempre il mio must, che sia in teatro, al cinema e nell'arte in genere, con le persone, con le macchine etc. Capire come funziona. E' didattico, è indispensabile per imparare. Cosa c'è di più interessante che capire il percorso che ha portato a un risutato. Il risulato in sé, quasi non ha più importanza nel confronto. E' capendo il percorso che si apprezza di più; come davanti a un quadro di Picasso. E così, dopo che hai viaggiato un pò, ti fai lo stesso tipo di domande sul viaggio stesso, sugli aereoporti, sui piloti e tutto il mondo che girando, fa girare il tuo. Grazie a qualche film, si riesce a immaginare. Ma vederlo dal vero è differente. E' una conferma di realtà. E' così che funziona. Ora quando guarderò la porticina in mezzo alle poltrone della prima classe, saprò cosa c'è dietro. Un mondo piccolo piccolo e complicatissimo. Una stanza dei bottoni seconda, nella mia testa, solo alla sala dei comandi della Nasa. Il posto dove vivono, sospesi in volo, per tutto il giorno, due persone, che con gesti resi semplici dalla quotidianità, muovono, girano, cambiano, variano, controllano, verificano, appuntano, rintracciano, osservano i mille pulsanti, manopole, grafici, schermi, rotelle, interruttori che ai miei occhi risaltano come una grande tavola di luci, numeri, colori e ombre, indistinte. Come una lingua che non conosci, un suono unico da cui loro, i due Caronte del cielo, hanno imparato a distinguere ogni frase, ogni parole, ogni lettera. E dall'interfono ascolto questo nuovo alfabeto mentre, gentilissimi, provano a farmi capire cosa stanno facendo e dicendo. Mi fanno anche vedere cosa c'è giù, sulla terra. E qui me la cavo un pò meglio e riconosco il Pò, la pianura Padana, e poi il lago di Garda, Bolzano, il Brennero, Innsbruck e alla fine Monaco con i suoi laghi. Prima di andarmene chiedo loro se e come è cambiata la loro percezione della distanza. Da quando ho cominciato a viaggiare, io ad esempio, sento il mondo più piccolo ma non per questo meno immenso (lo so che non è chiaro ma per spiegarlo ci vuole un altro post). Loro, scientificamente mi rispondono che sono addestrati ad avere sempre chiaro e lucido il concetto ma aggiungono anche che odiano viaggiare in macchina! Ci credo...da Firenze a Monaco abbiamo incontrato quattro-cinque aerei al massimo. Non si può certo parlare di traffico aereo come si parla di quello stradale!!

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Hai Fatto una un'altra Elisata :) sei grande. Mic.

fabio r. ha detto...

già. poi vuoi mettere la comodità di non passare dal casello in aereo? nel cielo le file sono sicuramente di meno!

Nemo ha detto...

Bello, come hai fatto a farti accogliere in torre di controllo ed in cabina?? I'm jealous!

PS: questo venerdi ho il mio tango workshop...I can't wait!!! Ti faro' sapere...